Abbiamo fino a oggi lambito il problema della presenza effettiva del Veda come strumento conoscitivo nei sistemi filosofici e no indiani.
Provo ora ad accennare alcuni spunti in proposito, più per evidenziare la complessità del tema che per offrire una soluzione unitaria. Tanto più che una soluzione unitaria è per definizione impossibile, dati i tanti secoli e i tanti scenari culturali, sociali e geografici diversi cui ci si riferisce. Durante questo corso, D. ha posto in evidenza un movimento trasversale alle varie scuole filosofiche indiane di allontanamento dall'autorità del Veda. Ora in modo più brusco, ora in modo più indolore, ha osservato D., tutte le scuole tentano di sottrarsi a tale ingombrante presenza. Il Buddhismo rompe, il Sāṅkhya lascia al Veda uno spazio angusto e relativo a questioni insignificanti, e persino la Mīmāṃsā limita l'autorità del Veda al solo ambito del dharma. Dal canto suo, il Vedānta afferma che il Veda sia necessario, ma solo strumentalmente. Giunti al brahman, il Veda viene superato anche per il Vedānta.
Questa descrizione è interessante, soprattutto perché provocatoria. Ma, almeno per quanto riguarda Mīmāṃsā e Vedānta, l'autorità del Veda non è sentita come qualcosa da cui sfuggire e le elaborazioni filosofiche di Mīmāṃsā e Vedānta sono funzionali alla sistematizzazione del sapere vedico\footnote{Si ricordi che Śaṅkara non elabora nei dettagli un proprio sistema, considerando di star solo ripetendo quanto ha letto nelle Upaniṣad.} o alla sua apologia. Vi è poi un diffuso movimento contrario di avvicinamento al Veda, che attraversa i sistemi filosofici (si vedano sopra i capitoli dedicati al Sāṅkhya e al Nyāya) e anche le altre scuole di pensiero indiane. Karin Preisendanz, nella sua conferenza romana di giovedì 10 maggio 2007 si è soffermata sulle modalità attraverso cui gli autori della Carakasaṃhitā e di alcuni testi di medicina coevi (circa II secolo a. Ch.) utilizzino stilemi tratti dal rituale vedico per presentarsi come brahmani al pari degli altri. Similmente altre scuole hanno preteso per il proprio testo di riferimento l titolo di "quinto Veda". In tal modo, esse cercavano di legittimarsi attingendo alla principale fonte di legittimazione possibile, l'autorità vedica. D'altro canto, alcune scuole pretendono anche di superare il Veda. In proposito si porta soprattutto l'argomento per cui la tradizione vedica è interrotta, i testi vedici sono divenuti incomprensibili o troppo difficili e la strada da questi proposta (il cammino rituale, karmamārga) è lungo e laborioso. Infine, il Veda è riservato ai dvija, ossia agli appartenenti maschi delle tre classi superiori. Il Nāṭyaśāstra e altre opere di ambito devozionale viṣṇuita, mahādeviano (si veda Rigopoulos 2005 in F. Squarcini 2005) o scivaita (per esempio le Mokṣakārikā, Abhinavagupta...) si presentano invece come leggibili anche da donne o śūdra, comprensibili nel nostro momento di decadenza in cui il Veda è divenuto inaccessibile...
giovedì 17 maggio 2007
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento