Ho scelto questo tema per due ordini di motivi. Anzitutto, perché, sebbene non ce ne accorgiamo, è tramite la Parola (maiuscolo per indicare la Parola come comunicazione di contenuto conoscitivo e non solo un singolo vocabolo) come strumento conoscitivo che abbiamo appreso la più parte delle nostre nozioni. Conosciamo il nostro nome, chi siano i nostri genitori, la nostra data di nascita e tanti particolari circa la nostra infanzia, perché ci sono stati raccontati. Deriva da una comunicazione verbale la stessa presunzione della nostra identità, che non è affatto un dato scontato e che ci deriva da quanto altri ci hanno raccontato (non hanno percezione della propria identità i bambini piccoli, cui non è ancora stato insegnato). A scuola, dai giornali, all'università, tramite libri o televisione o computer abbiamo incamerato milioni di nozioni, senza verificarle di prima mano. Non mettiamo in dubbio la geografia e la storia, per esempio, sebbene queste si basino su quanto altri ci dicono esistere o essere esistito in luoghi o tempi che sfuggono alla nostra indagine diretta. La scienza procede ormai attraverso gruppi di ricerca in cui ogni ricercatore si occupa di una fase e si basa per il resto su quanto riferito dai suoi colleghi, magari tramite grafici o statistiche, ma comunque senza verificarlo di prima mano. Sul piano della vita quotidiana, poi, la posizione scettica di chi volesse semplicemente non fidarsi di quanto gli viene detto, porta a un'assoluta paralisi. Provate a immaginare se doveste verificare ogni informazione, dall'ora che appare sulla sveglia quando vi svegliate al nome della via scritto sulla targa di marmo, alla destinazione dell'autobus... Troppe informazioni che non faremmo mai a tempo a verificare o che, anche volendo, non potremmo verificare (si pensi all'onomastica, per cui sembra difficile poter risalire a un momento fondante indipendente da quanto viene detto o riferito).In breve, per esprimere in modo chiaro la mia posizione, secondo me la Parola (intesa come ciò che apprendiamo perché ci viene detto o letto) è alla base del nostro patrimonio conoscitivo. Vedremo che alcune scuole filosofiche indiane e occidentali tentano di contestare quest'assunto e ci tengo a mettere in chiaro la mia posizione di modo da non influenzarvi in modo sottile e impercettibile.
Ma la Parola non è solo importante quanto alla mole di informazioni ottenute per suo tramite (lo squilibrio fra quanto conosciamo perché ci viene detto e quanto acquisiamo direttamente,tramite percezione o inferenza è clamoroso).
Essa è anche fondamentale, in senso proprio. In Occidente siamo abituati a pensare che al fondamento della nostra conoscenza possa essere la conoscenza di prima mano, ottenuta tramite percezione sensibile. Ma questa è limitata nello spazio e nel tempo. Inoltre, essa è spesso condizionata dalla Parola. Proviamo a immaginare di camminare in un bosco. Se conosciamo gli alberi, siamo in grado di vedere che vi sono querce, faggi e noci. Se invece nessuno ce lo ha mai detto, vedremo semplicemente degli "alberi". Non si tratta solo di non conoscerne il nome. Se nessuno ci ha reso attenti alle particolari forme delle foglie, per esempio, noi semplicemente non siamo in grado di distinguerle e percepirle.
Questo sull'importanza della Parola in genere, per quanto riguarda il corso di religioni e filosofie dell'India in particolare, poi, aggiungo che la Parola è stata presa in considerazione da tutte le scuole filosofiche indiane. Alcune l'hanno avversata strenuamente, magari sostenendo una posizione scettica, ma tutte si sono dovute confrontare con questa. Perciò, la Parola è stata oggetto di analisi e riflessioni costanti. Al contrario, in Occidente indagini riguardanti la Parola esistono ma restano piuttosto slegate (si parla di principio di autorità, di validità della storia, di testimonianza, di Testi Sacri...). Quindi, la Parola offre un'occasione interessante per osservare come si sviluppino polemiche e discussioni all'interno delle scuole filosofiche e religiose indiane. E allo stesso tempo essa costituisce un ambito in cui la filosofia indiana può offrire alla filosofia occidentale strumenti di analisi più elaborati e raffinati. Mentre di solito la filosofia indiana ha offerto a quella occidentale spunti e soluzioni a problemi particolari, prendendone viceversa in prestito intere categorie, in questo caso si tratterebbe di valutare l'esperimento di trasferire alla filosofia occidentale un paradigma di riferimento di quella indiana.
martedì 20 febbraio 2007
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