Come accennato, la Prābhākara Mīmāṃsā concorda con Vaiśeṣika e scuola epistemologica buddhista nel ritenere che la comunicazione ordinaria abbia valore solo in quanto il suo autore è ritenuto affidabile e che questa sia perciò un caso di inferenza.
Al contrario, la Bhāṭṭa Mīmāṃsā ammette la Parola come strumento conoscitivo anche in ambito di esperienza ordinaria. Kumārila si mostra però alquanto scettico circa l'affidabilità degli uomini. Più interessante è quindi la posizione di Śabara che invece accetta fra gli āpta anche gli mleccha (stranieri, "barbari"). Anche questi, infatti, possono essere fonti affidabili di conoscenza negli ambiti di cui sono esperti (Śabara cita il caso dell'uccellagione). Purché quindi l'autorità del Veda resti incontrastata in ambito deontico, Śabara si mostra addirittura aperto (rispetto agli standard indiani) nell'accettare la comunicazione ordinaria come strumento conoscitivo.
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