Il naiyāyika Jayanta Bhaṭṭa capovolge le accuse normalmente rivolte al Nyāya sostenendo che proprio il Nyāya è il vero baluardo del Veda. In un certo senso ha ragione, giacché i naiyāyika, al contrario dei mīmāṃsaka, si preoccupano di trovare argomenti positivi a favore dell'autorità del Veda (uno di questi argomenti, l'unico presente fin dal NS, è stato qui esaminato nel cap. 3.4). Resta tuttavia il dubbio che i naiyāyika sentano l'esigenza di fondare l'autorevolezza del Veda proprio perché il loro sistema è più esterno al Veda rispetto alla Mīmāṃsā. Questa infatti nasce come esegesi vedica e interpreta poi il mondo ordinario alla luce delle categorie elaborate anzi tutto in riferimento al Veda. Al contrario il Nyāya nasce da esigenze mondane, soprattutto di regolamentazione delle contese dialettiche, e si avvicina al Veda successivamente. Tale atteggiamento è evidente quando si parla della Parola come strumento conoscitivo. Per il Nyāya, la Parola è uno strumento conoscitivo in quanto pronunciata da un autore affidabile. La definizione vale anche per il Veda, ma sembra elaborata anzi tutto per spiegare la Parola come strumento conoscitivo nel mondo dell'esperienza ordinaria. Al contrario, per la Mīmāṃsā la Parola come strumento conoscitivo è in prima istanza indipendente dal suo autore, e il caso di Parola come strumento conoscitivo in quanto pronunciata da un parlante esperto è accolto solo dalla Bhāṭṭa Mīmāṃsā come concessione al funzionamento dell'esperienza comune. Inoltre, la Parola come strumento conoscitivo coincide con il Veda. Per quanto riguarda la difesa del Veda, i mīmāṃsaka si limitano a mostrare le incongruenze dei ragionamenti delle altre scuole (soprattutto dei loro oppositori diretti, ossia buddhisti e naiyāyika). Una volta sgombrato il campo da quelle che agli occhi di un mīmāṃsaka sono fantasticherie metafisiche (postulare un Dio o un Buddha onnisciente...) e indimostrabili, resta solo ciò che fin dall'inizio era sotto gli occhi di tutti, il Veda. Che resta l'unica fonte cui attingere per conoscere il dharma.
Ogni argomento positivo in favore del Veda sembra invece per i mīmāṃsaka destinato a relativizzarne l'autorità. Abbiamo parlato di come far dipendere il Veda da Dio significhi di fatto sottoporlo alla Sua volontà e quindi renderlo sostituibile, addirittura accidentale. Ma più in generale ogni argomento elaborato da uomini in favore del Veda implica secondo la Mīmāṃsā che questo possa essere nella disponibilità del ragionamento umano. Dunque, esso potrebbe essere sostituibile da inferenze etc., mentre la strategia mīmāṃsaka per giustificarne (non "fondarne") l'autorità sta proprio nel mostrarne l'alterità rispetto agli strumenti conoscitivi umani. Non a caso, al contrario, il Nyāya ammette che il Veda abbia autorità anche epistemica e anche nell'ambito dell'esperienza comune (si veda il cap.3.4). La replica naiyāyika sarebbe (ma non l'ho mai incontrata in maniera esplicita) che il ragionamento umano serve a fondare l'autorità epistemica del Veda nell'ambito dell'esperienza ordinaria. Da qui si deduce l'autorità del Veda anche per il trascendente (che quindi non è direttamente fondato da inferenze umane). Ma è probabile che tale difesa parrebbe a un mīmāṃsaka un sotterfugio.
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