Il Sāṅkhya ha una storia peculiare fra le scuole filosofiche indiane. Come già accennato, esistono almeno due tipi di Sāṅkhya. Inoltre, elementi di Sāṅkhya si trovano fin dai testi indiani più antichi, mentre una formalizzazione del sistema, secondo il modello invalso nelle altre scuole, attorno a un testo radice, avviene solo molto tardi. Per questo, le Sāṅkhyakārikā (SK) rappresentano una voce importante, ma non esclusiva all'interno del Sāṅkhya, che anzi tende a essere diviso in un Sāṅkhya ateo (quello delle SK) e uno teista (rappresentato da elementi presenti nell'epica, ma non sistematizzato). In quanto segue, quando parlerò di Sāṅkhya senza ulteriori qualificazioni mi riferirò al sistema come rappresentato da Īśvarakṛṣṇa nelle SK (350 d.C.?) e dai suoi commentatori.
Nyāya e Mīmāṃsā hanno elaborato, come accennato, i paradigmi dell'indagine sulla Parola come strumento conoscitivo, l'una sul versante della Parola interpretata come testimonianza di un parlante esperto e affidabile, l'altra sul versante della Parola indipendente dal suo autore. Il Sāṅkhya non ha nulla di originale da aggiungere e sfrutta sostanzialmente gli elementi elaborati da queste due scuole. Nel caso del Sāṅkhya, però, avremo modo di osservare la rilevanza storica del rapporto con la Parola come mezzo di conoscenza e come questo tema condizioni la dinamica interna alle scuole (abbiamo già visto di come nel Nyāya è intorno alla Parola che Dio acquisisce un ruolo prominente e su questo tema torneremo). Infatti, il Sāṅkhya ateo nasce come un sistema dai forti elementi di rottura, paragonabile per forza dirompente agli altri movimenti eterodossi sviluppatesi alcuni secoli prima della nostra era, ossia Buddhismo, Materialismo, Giainismo. Si contrappone all'ortoprassi vedica, accusando il Veda di inutilità e fonda un sistema sulla base dei mezzi conoscitivi umani, percezione e soprattutto inferenza, considerata applicabile anche al trascendente. Come in alcune scuole del Buddhismo, la Parola come strumento conoscitivo non è del tutto bandita, ma ha un ambito di applicazione assai limitato. Tuttavia, nella fase dei commenti al testo radice, tale iniziale potenza di rottura viene ridimensionata e assistiamo al reinserimento del Veda nell'epistemologia del Sāṅkhya.
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